Parodontite

Parodontite



Le gengive sono un organo del tutto particolare: hanno la funzione di sigillare le radici evitando l’ingresso di parassiti e microrganismi molto pericolosi. La sua integrità viene messa a dura prova dalle nostre abitudini alimentari. L’alimentazione ideale per la cura del cavo orale differisce molto da quella comune che riguarda per lo più cibi raffinati, dolci, morbidi, cotti e con grande prevalenza di alimenti non vegetali. Alcuni cibi come il latte e i derivati (yogurt e formaggi), i legumi e le solanacee (peperoni, melanzane, patate, …) risultano irritanti per tutto il tubo digerente, compresa la bocca. È osservazione comune che i grandi consumatori di latte e derivati hanno accumuli di tartaro (concrezioni calcaree) più importanti e gengive più infiammate di chi non li consuma.
Quando l’integrità gengivale cede, il cibo, i detriti alimentari, il tartaro e i batteri cominciano a insinuarsi tra gengiva e dente dando origine alla parodontite.




Cos’è e che danni causa la parodontite

La parodontite è una malattia complessa che ha molte concause. Innanzitutto ha una forte tendenza familiare: se ne hanno sofferto i genitori è molto probabile essere predisposti alla malattia e allo stesso modo se ne soffriamo noi possiamo predisporre i nostri figli.
Vi sono poi le abitudini alimentari e il fumo di sigaretta. Delle prime ne abbiamo accennato all’inizio.
Per quanto riguarda il fumo possiamo dire che è un vizio ad alto rischio per le gengive poiché causa la perdita delle difese di superficie. Il fumatore è, in altri termini, più indifeso all’aggressione batterica.
Altre condizioni predisponenti sono: una cattiva igiene orale domiciliare (per esempio spazzolandosi i denti solo una o due volte al dì e dimenticandosi le igieni periodiche dal dentista), molte malattie sistemiche (insufficienza renale, diabete…), le carenze vitaminiche, l’assunzione di alcuni farmaci, un’alimentazione povera di vegetali freschi e anche condizioni assolutamente fisiologiche come le gravidanze.
La parodontite porta le persone a perdere progressivamente tutti i denti e a dover ricorrere alle protesi.


Come si evolve la parodontite

L’evoluzione della malattia è insidiosa perché del tutto asintomatica.
Essa si sviluppa nell’arco di molti anni, nella sua forma classica, in non meno di 20 anni.
Durante questo periodo sarebbe bene intercettare la malattia prima che diventi irreversibile e curarla efficacemente.
Molti si chiedono come sia possibile che una malattia così grave e mutilante (pensate al dramma che vive chi passa dai denti alla dentiera) sia quasi del tutto silente. Il motivo è legato alla evoluzione cronica: giorno dopo giorno, anno dopo anno, la gengiva si scolla dai denti per frazioni di millimetro e nella fessura che si crea entrano batteri e detriti.
L’infiammazione della gengiva raggiunge poi l’osso e lo distrugge di frazioni di millimetro.
Nell’arco di vent’anni si perde così anche un centimetro e mezzo di osso.
Quando la radice del dente rimane inserita per pochi millimetri, il dente comincia a vacillare e in breve tempo cade.


La diagnosi

La diagnosi di questa malattia cambia in modo radicale la prognosi (cioè l’aspettativa di vita dei denti colpiti).
La malattia passa attraverso diversi stadi: da quelli di totale reversibilità e da cui si può guarire, a quelli in cui si può guarire ma con danni permanenti (per esempio recessioni della gengiva, perdita delle papille, perdite localizzate di osso) e, per finire, a stadi avanzati in cui la malattia non può essere che rallentata (quindi con danni irreversibili).
La diagnosi si effettua ricercando segni specifici, spesso difficili da rilevare, e che vanno valutati con accuratezza.
Le radiografie sono consigliate e sono richieste delle misurazioni specifiche (sondaggio delle tasche, indici di placca, tartaro, presenza di sanguinamento).
In alcuni casi è consigliabile l’analisi batteriologica con antibiogramma e l’analisi del DNA alla ricerca di loci specifici.


La cura alla piorrea in base ai diversi gradi di malattia

Una volta raccolti i dati si può classificare lo stadio di gravità della malattia.
Nella classificazione, per poter decidere il trattamento più indicato, è importante tener conto di tutti i principali fattori che determinano la malattia (sopracitate) e la motivazione del paziente a modificarle e migliorarle.
Nel nostro studio valutiamo, per prima cosa, se la malattia è limitata alla gengiva (gengivite) o se ha raggiunto l’osso (parodontite).
In secondo luogo si classifica l’aggressività della malattia, sia per la gengivite che per la parodontite, distinguendo tre stati di gravità:

Gengivite

  • Primo stadio: segni minimi di malattia reversibile al 100%.
  • Secondo stadio: segni minimi di malattia con minimi danni permanenti.
  • Terzo stadio: segni evidenti di infiammazione gengivale con danni irreversibili che però non intaccano l’osso

Parodontite vera e propria

  • Primo stadio: malattia manifesta che segna lo spartiacque tra il totale recupero e l’evoluzione verso danni irreversibili. Questo è l’ultimo stadio dove si può ottenere una guarigione senza compromettere la masticazione o il sorriso. L’essere fumatori è un elemento aggravante.
  • Secondo stadio: la malattia è manifesta e, lasciata a sé stessa, lascerà sicure mutilazioni dentali. Vale sempre la pena di tentare la cura perché i denti possono essere mantenuti ancora per molti anni.
  • Terzo stadio: malattia irreversibile che porterà rapidamente alla caduta dei denti. Il trattamento ha il solo obiettivo di ridurre l’infiammazione e di preparare i tessuti agli inevitabili trattamenti protesici e/o implantari che si dovranno attuare.


Protocolli di cura

Per ciascuno stadio di gravità viene applicato un diverso e standardizzato protocollo di trattamento, che va da una semplice seduta a oltre una decina, in parte con l’uso di anestetici locali.
Le diverse sedute dei protocolli di cura comprendono sia le azioni volte a ripulire i denti e le radici, sia le azioni che aiutano la gengiva a sfiammarsi.
A seconda delle diverse situazioni, l’azione di pulizia superficiale e profonda viene attuata con diversi ausili tecnologici, decisi a seconda delle specifiche situazioni e, talvolta, richiede la sterilizzazione batterica profonda con il laser.
Vengono illustrate le tecniche corrette di spazzolamento quotidiano e date indicazioni specifiche per mantenersi puliti a casa.
Se necessario si consiglieranno prodotti specifici (collutori e/o antibiotici locali o generali nei casi più gravi).
Nei casi complessi e gravi il trattamento si prolunga anche per un anno.


Gengivite

  • Primo stadio: una seduta di circa un’ora.
  • Secondo stadio: due sedute di circa un’ora intervallate tra loro di 3-5 settimane.
  • Terzo stadio: tre sedute di circa un’ora. Le prime due intervallate di 3-5 settimane e la successiva a seconda dei casi: due o tre mesi dopo.

Parodontite

  • Primo stadio: sono necessarie un numero variabile da quattro a sei sedute, ciascuna di circa un’ora con intervalli variabili (a seconda delle diverse situazioni), in parte senza necessità di anestetici locali, in parte con l’uso di anestetici locali (la pulizia profonda, vicino all’osso, è fastidiosa). La durata complessiva del trattamento è di circa 4-5 mesi ed è sempre prevista la verifica dei risultati. Quest'ultima permette di stabilire il risultato della cura e la prognosi dei siti trattati. In alcuni casi si fanno delle sedute supplementari per migliorare in modo ulteriore la situazione.
  • Secondo stadio: sono necessarie numerose sedute (anche una decina), con e senza anestesie locali. Come nel caso precedente si rende necessaria la verifica a fine cure e l’eventuale integrazione con supplementi di cura. Spesso il trattamento si conclude in 8-10 mesi, ma può essere necessario anche un anno.
  • Terzo stadio: il percorso dura circa un anno e le sedute prevedono anche la bonifica degli elementi irrecuperabili. Le valutazioni conclusive sono d’obbligo. Al termine delle cure può essere necessario monitorare l’evoluzione spontanea della situazione generale per poi decidere se procedere con ulteriori terapie.


Effetti collaterali

Dopo una seduta di trattamento i denti sono puliti e, rimossa la patina scura, anche più bianchi e luminosi.
Residua per qualche giorno una sensibilità ai colletti e talvolta alle gengive, in quanto su di esse viene esercitato uno sfregamento meccanico. Solitamente questa sensibilità ha una durata di solo qualche giorno. Nel caso si prolungasse oltre i dieci giorni è bene segnalarlo al dentista.
Dopo le sedute in anestesia locale permangono sensibilità ancora maggiori e perciò consigliamo come suggerimenti alimentari di astenersi da cibi acidi (agrumi, aceto e yogurt) e a temperature estreme (troppo caldi o freddi).


Mantenimento nel tempo

Quando i trattamenti sono conclusi, il paziente verrà inserito in un programma di mantenimento igienico. L’intervallo tra le sedute è variabile ma si inizia con intervalli trimestrali che potranno essere allungati quando la malattia si considera dominata.
Nonostante le cure diano sempre dei buoni risultati, è buona norma non abbassare mai la guardia e continuare a mantenere le buone abitudini alimentari ed igieniche acquisite.
Ogni tre, cinque o sette anni, a seconda delle situazioni, i cicli di trattamento possono essere ripresi per permettere a chiunque di conservare il proprio sorriso.


Migliorare il comfort di masticazione

Nonostante il buon esito delle cure, accade che gli elementi salvati possano ancora conservare un certo grado di mobilità che risulta fastidioso durante la masticazione. In questi casi si consiglia di eseguire la solidarizzazione dei denti mobili con il cosiddetto “splintaggio”. In estrema sintesi, i denti si uniscono tra loro nel versante interno e non visibile, utilizzando particolari fibre sintetiche o fili metallici consolidati da materiali resinosi dello stesso colore dei denti.
Questa tecnica conferisce uno straordinario comfort alla masticazione ma richiede una grande attenzione alla pulizia quotidiana. Si può avvertire un senso di corpo estraneo a cui ci si abitua nell’arco di qualche giorno.


ATTENZIONE

Gli stadi avanzati della malattia necessitano di periodiche verifiche, sia con il sondaggio che con l’esecuzione di radiografie. Solo così si può valutare la speranza di sopravvivenza dei denti e consigliare eventuali altre cure.



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